Sento una dolcezza immensa dentro -non saprei come chiamare questa cosa-, come il miele che cola, ed è qualcosa di così profondo che se provo a farlo venire fuori mi viene da piangere.
Dal mio ritorno da Amsterdam sono molto cambiato, riesco a guardarmi dall’esterno, in un modo più consapevole. Prima mi sfuggivano un sacco di dettagli. Prima parlavo di un mondo tutto mio (che esiste ancora), ma facevo fatica a coglierne i particolari io stesso. Ora so cosa intendevo dire. Dentro me c’è una costante tempesta che spesso mi solleva l’anima, a volte è dolce, è come essere avvolti da petali e piume, altre volte invece è così violenta, come lampi di luci e suoni. È da questo mio mondo che nasce il mio lato “creativo”, e che si manifesta in uno sguardo idiota o un’espressione “strana”.
Non credo di essere una persona speciale, ognuno ha il suo mondo unico e profondo che si può manifestare in modi diversi. Per me, però, è difficile riuscire a mostrarlo, forse perché mi sento vulnerabile, allora c’è chi si crea una scorza dura e invalicabile per colpa di brutte esperienze, c’è chi invece trae da ogni cosa un qualcosa di positivo, magari ugualmente doloroso, ma decisamente più costruttivo. Così i primi sono quelli che, a prima vista appaiono stronzi, polemici e rompicoglioni; i secondi sono quelli che sembrano sempre con la testa tra le nuvole, impenetrabili, strani e disattenti. Credo di appartenere a questo secondo gruppo. È così che forse nascono le anime belle e le persone complesse di cui parlavo mesi fa.
Sembra quasi che voglia convicere qualcuno di qualcosa. Voglio solo capire e far capire che ognuno è fatto a suo modo, ognuno riflette un mondo interno così personale e profondo che spesso è davvero difficile capirlo (a volte questi questi mondi sono pieni di spazzatura e merda, ma questo è un altro discorso). Qualcuno poi impara a comunicarlo in un modo più immediato, altri hanno bisogno di mezzi come la musica, la scrittura, la danza, la pittura, uno sguardo, un gesto oDiosolosacosa.
Io, per esempio, mi rendo conto di poter sembrare fuori di testa quando mi metto a scrivere di me, i racconti, o canticchio delle cose che mi vengono in mente e magari intanto nella mia testa suona una musica fatta per quelle parole. Sono questi i momenti in cui faccio cose senza senso o in cui rimango assorto. Si tratta di veri bisogni, così mi ritrovo a cercare una pezzetto di carta e una misera matita per scrivere una cosa che ho pronunciato sulle labbra o devo registrare un giro di note per non perderle nel tempo.
Rimango sempre più convinto che gli occhi restano il punto di passaggio verso questi mondi così personali. Sono dei canali tra due dimensioni, buchi neri dei sentimenti e delle passioni. Non mi spiegherei altrimenti il perché mi attraggono così tanto gli occhi altrui e perché io invece tenda a nasconderli ai più.
Come sempre scrivo, scrivo, ma non si capisce niente. Sarà colpa delle piume che mi svolazzano intorno...