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lunedì 19 marzo 2007

Francoforte e Berlino


aereo per Francoforte venerdì 9 marzo 2007 ore quasi le 7 o giù di lì
Inizia un altro giro, un nuovo viaggio al di là delle Alpi. Questa volta sono in compagnia di Cristina, una nuova esperienza. La trovo più difficile perchè sarò legato ai ritmi di altri, ma so che sarà ugualmente bello e vero.
La levataccia alle 4 è stata meno traumatica di quanto pensassi, anzi sono piuttosto iperattivo mentre la maggior parte delle persone sembra dei morti viventi. Quasi tutti sono fermi immobili con la bocca semiaperta e le palpebre tremule che tradiscono un sonno fasullo. Io non riesco a dormire, non perchè sia agitato, ma perchè ho voglia di dire, ritrovare certe cose che pensavo perse.
Non vedo l'ora di rivedere Daniela, vivere questi posti nuovi con i miei amici e poi vedere Berlino che tutti dicono essere così bella.
E' strano come il sole quassù sembri diverso: più caldo nei colori, è come vedere un quadro dopo un restauro. Sarà l'assenza della patina di smog o sarò che non non ho troppe cose a cui pensare, niente lavoro, niente impegni incombenti.
La cosa più strana è forse anche il partire senza sapere bene cosa mi aspetta, non ho organizzato io, non mi sono messo a capire molto di quello che vedrò. Prenderò le cose come arrivano, con sorpresa e meraviglia. E' tutto davvero diverso, rispecchia come mi sento, ma in senso positivo, come se ci fosse qualcosa da scoprire di nuovo e, non so perchè, di terribilmente bello ed emozionante.
Francoforte sabato 10 marzo 2007 ore 19:58
Sono stati due giorni densi. L'impatto iniziale lo abbiamo avuto con la zona più moderna, con palazzi enormi, anzi direi dei grattacieli degni di New York. Poi ci siamo spostati verso la zona dei negozi, Ziel, la Vittorio Emanuele locale, ma forse ancora più densa. E dopo un pranzo con assemblaggio di panino su una panchina ci siamo spostati verso la zona vecchia che è molto simile ad Amsterdam a tratti, ma ovunque c'è una certa fusione con la modernità. Ci siamo divertiti molto, ho riso come da tempo non facevo, il momento più esilarante è stato quando abbiamo cercato di farci una foto insieme, non siamo riusciti a guardare l'obiettivo nello stesso momento nemmeno una volta. La stanchezza ha vinto e abbiamo iniziato a salire e scendere dai tram fino a che ci siamo resi conto di essere vicini allo zoo. Come perdercelo!
Lì ci ha raggiunti Daniela. E' stato stranissimo trovarsi lì tutti e tre insieme. Era normale essere insieme, ma era come se il contorno stonasse. Abbiamo passato la giornata insieme, e la cena è stato un altro momento esilarante, ma abbiamo perso la lotta con la cameriera che ci ha portato un litro di birra a testa, ma quanto ridere.
Oggi invece ci ha raggiunti Danilo con cui abbiamo fatto un lungo giro per la città, lungo il fiume, ancora in centro, con giro anche su un grattacielo che a saperlo col cavolo che ci salivo. Eravamo a 200 metri di altezza, ma a me sembrava di essere in orbita tanto mi girava la testa a guardare giù. Devo essere sembrato ridicolo, ma è stato ugualmemte bello. Ora siamo tutti a casa, distrutti, davanti alla TV che guardo senza capire nulla, mangiucchiando bretzel (che buoni!) e chiacchierando. Che bello se fosse così per sempre. Ma niente è per sempre.
Berlino domenica 11 marzo 2007 ore 20:30 circa
Primo giorno a Berlino. Il nostro albergo è in Alexander platz, in una zona un po' decadente, molto Berlino est. L'impatto non è stato dei migliori anche se poi è una città avanti in un sacco di cose, come per esempio i mezzi pubblici. Se Francoforte è verde e sa di pane. Berlino non lo so, ho pure un terrificante raffreddore.
Siamo andati a fare una passeggiata nella zona ebraica e da lì siamo andati a cenare in una tipica osteria dove la proprietaria mi ha preso per il culo per il fatto che a noi italiani non piacciono i crauti e si è messa a farmi il verso coinvolgendo tutto il minuscolo locale. Per la serie non facciamoci mancare nulla. E poi dritti a dormire nella nostra fantastica stanza con bagno a vista, nel senso che gli altri ti vedono quando fai la doccia o vai a cagare (vedi foto documento)[...]
Berlino lunedì 13 marzo 2007 ore 21:38
Giornata di giri infiniti per la città. La prima tappa è stato lo zoo, enorme, abbiamo visto i panda, le giraffe, gli orsi e i lupi...mi sentivo un bambino. A proposito di orsi, ho un'intera collezione di foto con orsi: peluches, di legno, ceramica e veri. Ho scoperto che l'orso è il simbolo della città, me ignorante!
Da lì ci siamo addentrati nel centro, è pieno di edifici modernissimi, altri storici, altri fatiscenti da vomito, magari semidistrutti durante la guerra. La cosa che mi ha emozionato di più è stato il muro. c'è tutto un tratto del muro più o meno integro, fa impressione pensare che intere famiglie erano divise da un muro e che 180 persone sono morte nel tentativo di superarlo. Se ne è sempre sentito parlare,io stesso me lo ricordo quando è caduto nel novembre dell'89, Mi ricordo della notizia, ma la vissi con distacco, avevo 10 anni e ora che son qui e lo posso toccare, allora posso dire che è vero che è qualcuno è stato ucciso, diviso, e mi sento fortunato ad essere vissuto come e dove ho vissuto, libero, nel vero senso della parola. Mi sono davvero emozionato tantissimo, credo che sarà un momento che ricorderò per sempre.
Lato divertente della giornata è stato il ladraggio di una tazza da Starbucks e di due boccali di birra al ristorante (complice Cristina che risce a tirare fuori l'anima criminale che c'è in me). Li ho presi e messi in tasca come se fosse la cosa più normale del mondo.
Altra cosa da tenere presente se mai dovessi tornare in germania è il cibo: fa schifo. Non scambierei mai un piatto di spaghetti per dei crauti. Come cazzo fanno a vivere qui così...mha, lingua del cazzo (ho imparato solo Konditorei che ripeto alla nausea), cibo del cazzo. Però alla fine è bello, forse perchè è tutto nuovo e ci sono così tanti contrasti tra nuovo e vecchio che però stanno bene insieme.


domenica 18 marzo 2007

No, paura no

Ora che so dove sono, forse riesco anche a capire come sono arrivato fin qui. Non so dire quanto tempo fa è successo, potrebbe essere un giorno o un anno. Non ho memoria del tempo che è passato, mi ricordo però di quel giorno. Mi ricordo il faticoso risveglio, come al solito, per andare al lavoro, faceva freddo. Mi ricordo il brivido che percorse la mia schiena dal piede appoggiato al freddo pavimento fino al mio collo. Era uno di quei mattini grigi in cui sai che potrebbe piovere, ma anche no. Uno di quei giorni in cui senti l'aria carica di pioggia, come quando senti che potresti piangere da un momento all'altro, ma non sai quando quel momento potrebbe arrivare. Era un periodo in cui ero molto stanco, il lavoro era sempre più noioso, i colleghi sempre più antipatici e io sempre più solo.
Quel giorno non avevo voglia nemmeno di fare la mia solita colazione con i cereali e il latte,in realtà non ce n'era il tempo, così presi un caffè al volo e corsi fuori col solito ritardo. Anche l'ascensore quel mattino tardava ad arrivare, doveva essere stanco anche lui di tutti quei su e giù. Pensai che presto sarebbe arrivato il week-end da passare stancamente a casa, anche quello.
Uscendo dal portone guardai in alto, non lo facevo mai, di solito camminavo a testa bassa assorto nei miei pensieri, a volte dovevo sembrare davvero antipatico e stronzo con quella faccia sempre troppo seria, o magari facevo strane espressioni col viso. Mi separavano dieci minuti a piedi dal palazzo in cui si trovava il mio ufficio, in alternativa avrei potuto prendere il tram numero undici che passava proprio sotto casa mia. Quella mattina, nonostante la pioggia eminente decisi di fare quattro passi. La mia ventiquattrore sembrava più pesante del solito, eppure conteneva le stesse cose, non un foglio in più o in meno. 
Incrociai un gruppo di adoloscenti che probabilmente avrebbe saltato la scuola e che anche a quell'ora avevano la forza per strillare e fare gli idioti come solo a quell'età si riesce, ma anch'io ero così forse a quell'età, ma ora non saprei dirlo.
E' strano come mi ricordi tutti questi dettagli dei miei pensieri, eppure li sento così lontani, ma quanto tempo è passato? Non riesco a chiederlo, non riesco a parlare, mi dicono di non sforzarmi che ora non posso parlare, ma che se miglioro allora forse fanno qualcosa, non ho capito cosa, e allora forse riesco.
Mi ricordo anche quel primo pizzicore sulla guancia, come una zanzara che punge. Mi fermai, mi strofinai la guancia con una mano e proseguii. Ancora un pizzicore, questa volta sul dorso della mano, e guardai. C'era una goccia d'acqua e in messo un po' di sangue usciva da un puntino della pelle, come se uno spillo mi avesse punto. Il sangue si mischiò alla goccia d'acqua e scorse lungo il dorso della mano verso il pollice. Guardai in alto, ancora un pizzicore sul viso e poi un altro, la pioggia aumentava, gocce sempre più grosse, sempre più gocce, e il bruciore sul viso aumentava. Le gocce mi colpivano e aumentava il bruciore, anche sul collo e sulle mani. Smisi di guardare in alto e ritornai alla mia mano, era punteggiata di punti sanguinanti, e alcuni più vicini lasciavano intravedere il sottocute. Poi una goccia colpi la mano, la vidi spargere altre goccioline intorno come su una pozzanghera e disegnare sulla mia pelle un punto di sangue. Guardai ancora in alto e iniziò un forte acquazzone, sentivo la pioggia scorrermi sul viso e il sapore del sangue arrivarmi in bocca. Mi guardai in una vetrina, avevo il volto rigato di sangue rosso, forse mi ero tagliato in testa senza accorgermi, allora portai la mano in testa, tra i capellli e guardai il palmo. Era bagnato di sangue rosato. Il bruciore aumentava e non sapevo che fare. Ricordo che iniziai a guardarmi intorno e mi resi conto che una piccola folla mi circondava, sguardi di pietà misti a terrore e schifo su di me. Iniziai ad avvertire sempre più male, come se una pentola di acqua bollente mi avesse colpito il viso e le mani, eppure era un dolore lontano, sordo, quasi come se fosse il risulatto di un incidente avvenuto tempo prima, o forse è così che lo sento adesso che è passato del tempo, sì, ma quanto tempo?
Qualcuno mi chiese se stavo bene e se doveva chiamare i soccorsi? -I soccorsi?!- pensai -ma io non ho bisogno, non ho sbattutto la testa da nessuna parte, o forse un vetro è caduto dall'alto e mi ha colpito-, iniziai a barcollare e sentii un forte senso di nausea, mi riguardai le mani, c'erano ampie ferite come se qualcuno mi avesse strappato la pelle e ogni goccia le apriva sempre di più. E il sangue, ricordo il suo odore misto a quello della terra umida, che sentivo scorrere caldo sul viso insieme alla piogga fredda.
Mi ricordo che dopo un tempo per me imprecisato, o forse è solo difficile da ricordare adesso, arrivò un'ambulanza. Mi fecero un mucchio di domande, sentii le parole lesionista, ustioni, chimici, ferite, paura. Hai paura? Non aver paura. Come ti chiami? Non aver paura. Dove andavi? Paura? No. Voglio solo capire chi mi ha fatto questo. Cosa succede? Perchè la pioggia mi strappa la pelle? Perchè mi lacera come fossi di carta. Perchè mi ferisce come per punirmi? Di cosa? Non ho paura. Ho solo un po' di dolore alla faccia e mi bruciano le braccia e il collo e non vedo più niente. Perchè non vedo più nulla? Nemmneno la luce blu della sirena. Perchè non sento più rumori. Sento ancora bruciare un po'. Però di meno. No, paura no.
E ora son qui. Dopo quei pensieri son qui nel letto. Chissà se hanno capito chi è stato a volere la mia pelle. Chissà se è successo a qualcun altro oltre me. O forse è una malattia, una di quelle rare che hanno solo due persone al mondo e per le quali non c'è una cura. Nessuno qui mi dice nulla, parlano sempre di paura, ma io sono solo confuso, volgio capire, ma nessuno mi dice niente. No paura, no. Quella non ce l'ho, non l'ho mai avuta.

sabato 17 marzo 2007

Il Muro

Ho scritto un diario durante il mio viaggio in Germania, ho deciso di non riportarlo perchè troppo intimo per poterlo pubblicare. Non ho scritto molto, anzi, i momenti in cui trovare il tempo per scrivere sono stati pochi, ne è venuto fuori un mondo strano. Per la la prima volta dopo tanto tempo ho guardato al di fuori di me, ho rivolto i miei occhi su tutto ciò che mi circondava. Mi sono visto come una piccola briciola nel mondo, mi sono visto in relazione agli altri e non più (come spesso succede quando si viaggia o si pensa da soli) in relazione con me stesso. E mi sono visto piccolo piccolo.
Non so bene se parlare del viaggio o ei miei pensieri nel viaggio. Se dovessi riassumere il tutto direi che è stato il viaggio del coraggio. Quello di chi molla tutto per andare in un paese straniero, che nulla ha in comune con le proprie radici, un modo per cercare la felicità e per trovare un luogo. Il coraggio di quelli morti per scavalcare Il Muro, per tornare da chi amavano. Forse è stato il momento più emozionante, quello in cui mi sono sentito più fortunato di quei 180 morti per aver tentato di passare di là.
E' stato il viaggio degli altri, per gli altri, che però è servito anche a me.


sabato 3 marzo 2007

Com’è che sento dentro questa dolcezza...?

Vorrei che tutto fosse come ora, come sto ora con i miei occhi stropicciati per il sonno e la voglia di tornare a letto a non-dormire visto che sono solo le sei e trenta. Vorrei sentire sempre questa dolcezza che mi prende e che mi fa pensare che tutto sommato sto bene e che forse (forse) non mi serve altro. E che anche se ho paura fa niente, quella prima o poi passa, perchè se sto così bene allora non devo averne perchè aùllora posso farcela.
I miei bulbi (quelli dei fiori, non quelli oculari) stanno crescendo, se penso da dove arrivano, allora come un flash mi rifaccio tutto quel viaggio in 3 secondi e mi dico che voglio proprio vederli fiorire, non vedo l'ora, e ancora la dolcezza torna. E penso che sto bene, che è bello sentirmi così, anche se un po' vulnerabile.
Sento che qualcosa dentro me si è messo in moto, come se avessi scoperto un nuovo angolo del mio sgabuzzino interno che non conoscevo. Sarà che ora sono ancora anestetizzato dal sonno e che gli occhietti sono due piccole fessure di luce, sarà che la mia mente è a metà strada tra il sogno e la realtà, sarà che ho bevuto il latte scaduto (al massimo mi viene il cagotto). Io la chiamo dolcezza questa cosa che sento dentro e che mi fa venire da piangere perchè sono felice di esserci, di essere, il resto non conta poi molto, perchè so che alla fine un senso c'è anche se non lo vedo. E' vero ho paura, di me, di quello che c'è dentro di me, non ho paura del mondo però, quello ho imparato un po' a conoscerlo, ma è quello che arriva da me che mi fa paura perchè non so come gestirlo, però ora sento 'sta dolcezza e, porca vacca, se sto bene!