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sabato 25 ottobre 2008

Il seme



Se ne stava sotto terra. Una terra pesante, densa, carica, calda. Fuori soffiava un vento freddo, di quello che schiaffeggia. L'aria tagliava, feriva la terra, come lame su un viso pallido. Il seme se ne stava rannicchiato, come un feto nel grembo materno, con le gambine rannicchiate sulla pancia, concentrato a raccogliere tutto il calore che poteva, che arrivava da fuori, per non farlo scappare via, perchè era prezioso tutto quel calore, lo faceva sentire al sicuro. Quell'angolo di terra era la sua casa, ogni tanto pensava a quello che c'era fuori, un mondo che no aveva mai visto. Non si ricordava come era arrivato fin lì. Era ancora intontito, si stava svegliando come da un lungo sonno, sentiva ancora il torpore. Non vedeva intorno a se, non sapeva dov'era, sapeva che sarebbe cresciuto un giorno. Non sapeva se sarebbe diventato una grande quercia secolare o un umile filo d'erba, sapeva che sarebbe germogliato. Non aveva fretta però, stava bene lì al sicuro, non sapeva cosa c'era fuori, preferiva aspettare il tempo che sarebbe servito. Non sapeva per quanto, non gli importava, il tempo la sotto non aveva importanza.
Ogni tanto sognava il futuro, di vedere quello che c'era fuori, lontano dal suo nido, sua mamma quando lo aveva lasciato andare gli aveva sussurrato alcune parole gli aveva parlato del mondo, del cielo, dell'acqua, della vita. Erano parole, desiderava conoscere quelle cose, ma non ora, non era il momento giusto. Desiderava sentire ancora per un po' quel calore intorno. Sapeva che avrebbe visto tante cose del mondo, cose che ancora non conosceva, ma sapeva che avrebbe conosciuto più di quanto potesse immaginare in quel momento.
Quanta consapevolezza aveva il seme. Quante cose sapeva senza averle mai imparate, era come se anche dentro di lui ci fosse un seme, qualcosa che lo rendeva consapevole di cose che sarebbero arrivate col tempo. Non conosceva nemmeno bene da dove veniva, aveva strani ricordi, come pacchetti che aveva trovato lì al suo risveglio. Non aveva un vero passato, ma sapeva che avrebbe avuto un futuro, bello o brutto, ma ci sarebbe stato. Questo gli bastava, lo tranquillizzava e lo cullava in quel torpore, in quel mondo buio e accogliente. Per il momento gli bastava quello che aveva, quello che aveva, quello che era. Sbadigliò e pensò che forse sarebbe germogliato presto, timidamente, facendo capolino dietro un grumo di terra, lassù, in quel mondo che sapeva, ma che non conosceva. Avrebbe conosciuto le emozioni, la gioia per la pioggia dopo la siccità e il dolore per il gelo dell'inverno. Parole. Cose appese ad un muro, senza un senso. Ma presto...presto...e si addormentò di nuovo sognando il futuro.

martedì 14 ottobre 2008

Viaggio nello spazio

Manco da più di un mese, non solo da qui, ma proprio dal mondo. Sono in orbita intorno alla terra, a volte mi sembra che sto per tornare, altre che continuo ad andare ancora più lontano. E sono a pezzi, i miei pezzi galleggiano nello spazio, dove non c'è ossigeno, io vago cercando di afferrarli, ma quando mi sembra di esserci riuscito si sparpagliano ancora di più. Mi dico che devo essere pazzo, che c'è qualche ingranaggio che non funziona, forse alla soglia dei trent’anni succede. La garanzia è scaduta e si sa,i pezzi di ricambio costano un sacco. Si è scoperchiato lo sgabuzzino, quello dove si mettono tutte le cose che non servono, che si vogliono buttare-ma-non-buttare.
Resta una gran confusione in testa, frammenti di pensieri, non-pensieri interi, perchè anche solo pensare costa fatica, non come quel tipo di fatica che si prova alla fine di una lunga giornata dicendoci che siamo soddisfatti. E' quel tipo di stanchezza che spezza e strazia.
 E' stata una giornata strana, ricca di quei frammenti di cui parlavo poco fa. Li ho presi così come vengono, come sono, senza filtri, ognuno troverà il suo posto a tempo debito, quando mi sentirò più a posto, meno a galla in questo viaggio spaziale che di straordinario non ha proprio nulla.