E’ da un po’ di tempo che sto pensando a un sentimento, o forse non è un sentimento, in effetti non so come si possa definire il perdono. Ci penso perchè accadono cose intorno a me che mi portano in una certa direzione, a cercarlo, è come un movimento in dare, un gesto che parte dal petto e si porta verso l’esterno.
Molte volte ci soffermiamo a pensare se il perdono esista o no, se sia una “cosa” fattibile o meno. Io invece mi chiedo cos’è. Il perdono nasce per sotterare un torto, una ferita che qualcuno ci ha inflitto. Tutto dipende dall’entità della ferita, dalla rabbia che è esplosa in quel momento, dal dolore provato. Il tempo spesso aiuta, rende il ricordo meno vivo, ma poi subentra la paura di guardare in faccia il perdono. Alla fine ci si rode dentro quel dolore, che corrode, si arriva a desiderare la vendetta, che sì, può aiutare, ma lungo andare non fa altro che corroderci. A me non piace provare astio, a volte è meglio l’indifferenza, è meglio provare un sentimento neutro piuttosto che odiare.
Eppure perdonare è difficile e lo è perchè, almeno per me, prevale un senso di giustizia per il male che posso aver provato e di dignità verso la mia persona. Anche di orgoglio se ci penso bene. Però alla fine il perdono non è un regalo, non è una cosa che devi dare per stare bene, per essere più cristiano, non credo di renda migliori. Però a volte nasce e allora è giusto nasca, anche se perdonare non significa che abboni il dolore che hai provato, certe cose restano, come le parole dette, che sono quelle che non vengono dimenticate, paradossalmente ancora di più di quelle scritte. Forse il perdono serve per dimenticare il dolore da cui parte, è un fiore nato dalla merda. Alla fine di tutto questo parlare mi sa che ancora non ho capito cos’è il perdono e non so che fare.