Mio papà non parla molto, non parla molto con me, invece con gli altri parla troppo, fa una capa tanta. A me no. Non abbiamo molti punti in comuni, se non il modo di grattarci la fronte con la mano sinistra quando pensiamo, anche mio nonno lo faceva, credo che sia una roba genetica, come una malattia o il colore degli occhi. Ci passiamo la mano sulla fronte come nel gesto di grattarci, ma in realtà è quasi un massaggio, lo facciamo quando pensiamo o siamo preoccupati, E in questi giorni ho visto farglielo fare molte volte quel gesto, un giorno lo abbiamo fatto insieme, e ho sorriso perchè era la prima volta che mi sentivo davvero vicino a lui.
Non è stato un cattivo papà, è stato solo assente, in ogni cosa. Nella mia crescita, nelle mie scelte, alle recite a scuola, nella mia vita. Quasi un'ombra lì in un angolo, che c’era o non c’era non mi importava, almeno dopo che avevo capito che era così, che saremmo stati sempre un po’ sconosciuti l’uno per l’altro.
Sembra un duro, uno che non si emoziona, in realtà so che si emoziona e che soffre, ha pianto per la morte di mia nonna e sua sorella. Credo sia stata l’unica volta che sia successo o che io abbia visto. Anche in questo ci assomigliamo, nell’orgoglio. Come in questi giorni che dice che va tutto bene e che forse gli viene un po’ da piangere come a me, ma non lo facciamo perchè dobbiamo fare i forti della situazione. Se crolliamo noi, ci sembra che crolli tutto.
Non so bene cosa pensa di me, però so che è orgoglioso, perchè dice a tutti che sono dottore, che sono anestesista e so che per lui che lavora da quando aveva 10 anni questo è un po’ un riscatto. Non lo fa per vantarsi, nella mia famiglia non ce la tiriamo, mia nonna ha insegnato ad essere umili ai suoi figli e loro lo hanno insegnato a noi.
Una volta mio cugino da bambino disse “Nonna, ho 50 mila lire, sono ricco”, mia nonna gli rispose “Coi soldi spesso puoi pulirti il culo, ci sono cose che coi soldi non puoi fare e non importa chi sei, anche se sei ricco”. Io me lo ricordo ancora oggi. Credo che mio papà sia cresciuto un po’ così, con una madre che non smetteva di ripetergli che si doveva partire dall’umiltà, dal lavoro, dalla famiglia.
Mio papà non si è mai fermato, e quelle poche volte che è rimasto a casa perchè aveva l’influenza si vedeva che stava più male per il fatto di non poter lavorare che per la malattia in sè. Lui che le ferie vuole farle nel suo paese, anche se è a Milano da 50 anni, perchè lì sente il profumo della sua terra. Lui che è felice se mangia le orecchiette fatte in casa col sugo di agnello come si fa al suo paese.
Durante la mia adolescenza lo odiavo, perchè non faceva il papà, poi crescendo un giorno l’ho visto invecchiato, un po’ di botto, come se avesse esaurito l’elisir della giovinezza e allora l’odio è svanito. Ho capito che i ruoli si stavano capovolgendo e fa niente se lui non c’era mai stato. Potevo esserci io ora.
Non gli ho mai detto “ti voglio bene”, questa cosa non ci riesco a farla ancora. Vorrei farla, ma poi so che frignerei e non mi va o forse non c’è mai il momento giusto e poi si arriva in queste situazioni in cui hai paura che poi diventi troppo tardi e rimani lì a grattarti la fronte guardandolo e a pensare che non puoi crollare perchè se non crolla lui non puoi farlo tu. Siamo forti in due. In questo siamo uguali.