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venerdì 8 aprile 2011

Lotus -Elisa-


Prima di arrivare a Lotus dobbiamo capire da dove arriva. Dopo il successo di Then comes the sun viene pubblicato Elisa, una sorta di “best of” per il mercato straniero, vengono remixati alcuni successi come Asile’s world e Labyrinth, Luce nella versione inglese Come Speak to me e spagnola Hablame. Questo le permette di svincolarsi dall’italiano, l’inglese è la lingua in cui Elisa elabora i pensieri, l’idioma non è mai stato un problema, lei che ha sangue misto (pugliese, slovacco, francese), è cresciuta vicino Trieste, un crocevia di popoli e chi meglio di lei poteva capire gli emigrati. Le viene così chiesto di partecipare a Ellis Island, opera musicata da Giovanni Sollima, con libretto di Roberto Alajmo e regia di Marco Baliani, che viene messa in scena al Teatro Massimo di Palermo. La voce si muove sugli 11/8 e interpreta Sapegna Felicita, una giovane che emigra negli Stati Uniti, canta in italiano, curdo e inglese. È l’inglese al quale torna sempre, in fondo la comunicazone viaggia in minima parte attraverso le parole. Lei stessa è cresciuta con canzoni di cui non conosceva la traduzione, ma ne coglieva il significato. Apprezza i Sigur Rós, inventori del vonlenska, tradotto “speranzese”, un’unione di sillabe senza significato che permette alla voce di farsi strumento. È questo che lei stessa vorrebbe fare: lasciare che sia il suono a trasportare il senso, che a parlare sia esclusivamente la musica.
Dalla casa discografica pressano perchè scriva in italiano. Elisa scrive il testo di Stranger in italiano con Mogol, ma non lo pubblica. Le pressioni hanno l’effetto contrario, come spesso accade, la rendono poco spontanea, la allontanano dalla verità. Da questo principio, dalla paura che il desiderio del successo europeo la cambi, dalla non totale convinzione dell’operazione del best decide di abbandonarlo, la Sony ritira il best of dal mercato.
Elisa è felicissima, si ritira a Monfalcone, nella sua casa. Legge un libro intitolato Florario, miti, leggende e simboli di fiori e piante, e nasce il desiderio di tornare alle orgini, al suono. Inizialmente pensa a un titolo: Con il nome di un fiore, poi legge che il loto è fiore sacro dell’illuminazione, dal suo bocciolo nacque Ra, il dio egizio del sole, sulle sue foglie abitano le fate e siede il Buddha. I fiori di loto nascono in fiumi e laghi fangosi e non sono mai sporchi. Hanno radici nella melma ma si protendono verso il cielo. Nasce Lotus.
Il progetto è pensato come spettacolo teatrale, riscopre vecchie foto di natura, vuole proiettare le immagini partendo dalla fase solare di metà pomeriggio, attraversare quella notturna e arrivare al mattino. Un ciclo musicale che segue quello naturale, si mette al lavoro per creare arrangiamenti essenziali, quasi del tutto acustici, ispirati al folk americano degli anni ’60 e ’70, reintepreta vecchi brani, cover e pezzi inediti. Man mano che crea la scaletta si rende conto che può fare il disco che ha sempre voluto.
Come cover sceglie Hallelujah di Leonard Cohen, nella versione di Jeff Buckley, ne fa una versione più liturgica con organo hammond e chitarra acustica. Di un brano di solito si incindono varie registrazioni che poi vengono messe insieme nelle loro parti migliori. Nel caso dell’Hallelujah di Elisa si tratta di un’unica registrazione, vera dall’inizio alla fine.
Fonte di ispirazione sono i Velvet Underground che Elisa ha visto dal vivo a Villa Manin, vicino Udine, nella loro reunion il 4 luglio 1993, è il suo primo concerto. Elisa è colpita dalla voce di Nico, dal suono di Lou Reed, sceglie di incidere Femme fatale, ma lei non è una donna fatale, e la sua versione poggia su un giro di carillon, è soffice, priva della forza erotica dell’originale. 
Torna anche Almeno tu nell’universo, che lei incise nel 2003 per la colonna sonora di Ricordati di me di Muccino in una versione sospesa ed eterea, utilizza suoni con particolare frequenze tanto che alcuni musicoterapeuti la consigliano da fare ascoltare ai bambini in utero (sul serio!). A giugno durante un live su MTV, salta la corrente ed Elisa la esegue da sola al microfono, il pubblico la apprezza e in Lotus ne esegue una versione accompagnata dalla sola chitarra acustica che Andrea Rigonat registra con una tecnica particolare: i microfoni vengono piazzati davanti al riverbero a piastra e due amplificatori Fender anni ’70 ai quali è attaccata la chitarra e “Ringo” regola i volumi con il pedale ottenendo talvolta un vibrato e una rarefazione. 
L’intero album è registrato in presa diretta e su nastro analogico, com si faceva una volta per trattenere il calore dei brani originali. Salvo l’organo hammond e il Fender Rhodes, non si avvale di strumenti elettrici.
Lavora anche molto con la band e invece di entrare in studio con i brani finiti, va in sala prove con il gruppo, dei demo mantiene molte parti, compresi errori e casualità. Il suono è grezzo, sperimentano tanto: mettono coperte e stracci sulle batterie, registrano con microfoni ovunque, anche sulla testa di un manichino dietro Elisa per ottenere la voce come la dovrebbe sentire chi canta e non chi ascolta, usano riverberi naturali, testando le risonanze di vari punti delle stenza, vengono usati tamburelli, djambè, berimbao e poi la voce, per Elisa non conta l’intonazione, conta quanto ci si perde nella canzone, perchè quando si è davvero dentro la canzone, l’intonazione è miracolosamente incorporata.  Nasce un disco intimo, mette da parte la sua anima energica. Tira fuori sette canzoni dal baule dei ricordi. Come Sleeping in your hand centrata anch’essa sul carillon, rispolvera Labyrinth che ne sce fuori completamente stravolta, diventa tribale, aggiunge in coda al testo una via d’uscita “We can find a way out/ Get out of this place walkin’”.
Rock you soul si anima e si basa sul giro di piano, ma viene inserito il groove di batteria. Sebbene Luce sia recente, è ormai un classico, tanto che sembra quasi logora. La versione originale partiva con un riff di tastiera che si imponeva per tutto il brano, è quel riff che diventa il cuore della nuova versione e che esplode del ritornello. Gift si riappropria della propria dolcezza, la canzone si spoglia dei suoni eletronici, rallenta e trattando il tema del dono della vita, si ricollega all’essenza dell’album.
The marriage si arricchisce di cori, si fa meno tribale, è l’unico brano in cui Max Gelsi usa il basso fretless, cioè senza tasti, che si suona come un contrabbasso. In Stranger la melodia è parzialmente riscritta e spostata un’ottava sotto l’originale. In sottofondo si sentono respiri e onde del mare, registrati nel 2000 dalla stessa Elisa durante le sue corse sulla spiaggia di Marbella, ospite di Trevor Morais, produttore e batterista che ha suonato alcune parti di Asile’s world. 
Costella il disco di suoni come nelle inedite Beautiful night, in cui c’è il canto dei grilli, e in Interlude, in cui Elisa sussurra le parole che sta scrivendo, c’è il rumore della matita che scorre sul foglio, gocce che cadono nell’acqua, passi sulle goflie secche, schiamazzi di bimbi, folate di vento e pioggia sul finire della canzone. Inizia come una filastrocca, quasi una ninnananna, la voce a filo, mai spinta e Rita Marcotulli, pianista e moglie di Pasquale Minieri (co-produttore dell’album) la culla col pianoforte.
Interlude è scritta nella fase finale del disco, nei due mesi che Elisa trascorre isolata in un agriturismo in Umbria, va a seguire l’ultimazione dei missaggi e torna in aperta campagna, dopo mesi chiassosi con la band e amici è di nuovo sola, e non fa più paura.
“No matter if I am alone
still I can get back on my feet and walk on
as I know there was something to learn
I know there will always be more worth moving on for”
Così canta in Broken, primo estratto dal disco e singolo contenente due cover: Sittin’ on the dock of the bay che Otis Redding aveva scritto nel 1967 proprio al molo di Sausalito, dove Elisa faceva jogging aspettando di veder rinascere il sole, e Redemption song di Bob Marley, inno di libertà e coraggio.

Lotus esprime un senso di collettività, musicalmente assorbe il clima on the road creato durante il tour di Then comes the sun. Il gruppo viaggiava in camper, dormiva nelle isolate zone in cui si tenevano i concerti, lo spirito di questa esperienza viene trasportato nel video di Broken, girato tra Trieste, Monfalcone e Grado. Elisa racconta l’ennesima relazione che si scardina, ma senza traccia di lamento, ormai sa che il tempo cura.
In Yashal, che in lingua navajo significa “Evviva la vita”, pronuncia un enigmatico “sì” e suona il pianoforte. Il testo racconta poco, è uno dei suoi segreti. Spesso Elisa ha dedicato canzoni a persone che non hanno mai saputo di esserne le protagoniste, un po’ per tutelare la sua vita privata, un po’ per non rovinare l’immaginario dell’ascoltatore e la storia che ognuno ci ha voluto ritrovare dentro.
É il caso di Electricity, secondo estratto da Lotus. É incisa com’era nata nel primo provino. La storia narrata nel resto è vera. Era una viglia di Natale, nella tavolata di parenti Elisa finì seduta vicino ad uno amico di famiglia che non conosceva. L’uomo le raccontò che sua figlia era una ballerina di tango e viveva a Buenos Aires con il compagno, anche lui ballerino. Non riusciva a vivere soltanto del ballo, ma allo stesso tempo non voleva chiedere aiuto a suo padre, perchè era orgogliosa e da tempo non si parlavano. Elisa fu colpita, rivide se stessa e suo padre, lo stesso problema di comunicazione. Ebbe il punto di vista di un genitore, nel testo Elisa non prende la parti nè dell’uno nè dell’altra. Fa da mediatrice, si rivolge a lui e gli chiede :
“Your daughter she’s a dancer living a Buenos Aires
Sleeping on a mattress on the floor
Did you ever ask her how she feels?”
Poi parla alla ragazza e le chiede:
“Your father he’s a rich man and he’s got many questions
He always wakes up with you in his head
and did you ever ask him how he feels?”
Nel video di Electricity scrive una lettera, una lacrima torna indietro negli occhi, un invito a ricominciare per rimettere a posto le lacrime.
Elisa passa settembre e ottobre 2003  ad ascoltare in cuffia quello che sarà Lotus nelle vallate umbre. Cerca di capire se al suono corrisponde l’immagine, se quella musica è riuscita ad imitare la natura., se lei, per la prima volta produttrice di se stessa, ha tutelato la natura delle sue canzoni. Voleva partire da una visione per tirarla fuori esattamente come la sentiva nella sua testa. Ha sviluppato gli arrangiamenti con la band, ha avuto la supervisione di Pasquale Minieri, sempre a osservare in maniera delicata, intervenendo per farla ragionare e mai per imporsi.
A prayer è la ceralacca del disco, parte con una chitarra acustica fra le cui corde è inserito un fil di ferro che rende il suono orientaleggiante, cresce in dinamica, esplode nel finale e parla di un nuovo tipo di amore, che arriva quando non l’aspetti più, o provoca dolore ma lascia fortificati o mostra il suo vero volto sulla lunga distanza. Si sposa con quello che succede nella sua vita, avvia una relazione con Ali, da anni il suo migliore amico.
Lotus esce il 14 novembre. Affinchè il calore che dà l’essenzialità non rimanga solo un’intenzione, ma diventi organico, lo stampa su carta riciclata e anche su vinile, sceglie di fare un tour teatrale che cura lei stessa nei minimi dettagli. Tutto questo perchè essere un fiore è profonda responsabilità.

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