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martedì 25 aprile 2006

Pop Art

Oggi mi sono regalato due libri e due cd. Sono quelle cose che mi fanno bene perchè mi riempiono gli occhi e il cuore. Poi devo dire che ho fatto un'ottima scelta, belle canzoni, belle parole, bello tutto. Resta in un po' di marciume in un angolo, mi sa che inizia a "fare i moscerini" come diceva mia nonna. 
Il fulcro di ogni cosa sta in alcune parole che ho cercato di sviscerare oggi. Capire ed essere capiti. A volte non ci si sente capiti, oppure gli altri ci dicono che hanno capito ma in realtà non hanno capito un cazzo. Scusate la brutalità, ma è così. Quante volte leggiamo in uno sguardo un enorme punto di domanda o una serie di immagini che non c'entrano nulla con quello che stavamo cercando di spiegare. La verità è che siamo tutti limitati, diciamo che le nostre menti non sono certo universi, ma piccole galassie nelle quali non viaggiano pianeti ma minuscole ed insignificanti meterore che ci illuminano ogni tanto per farci sentire un po' intelligenti, un po' fighi, essere superiori. Siamo un solo un branco di scimpanzè che ha imparato il linguaggio dei segni. Ma poi in fondo, diciamocelo, gli scimpanzè non sanno nemmeno cosa dicono e perchè, sono gesti meccanici, comportamenti appresi dietro il desiderio di una ricompensa. Noi non siamo poi tanto diversi, anzi forse siamo anche più animaleschi, la differenza fondamentale è che noi alla fine ce lo mettiamo in quel posto gli animali no. 
Pessimismo? No, puro e cinico realismo post-moderno. Tipo la pop art che fa cagare ma che tutti dicono che è bellissima, sublime, stupenda. Che schifo che mi sta venendo.

giovedì 20 aprile 2006

Di notte, la notte solamente...

Notte insonne, non è la notte prima degli esami. Quelli li ho finiti da un po'. Notte di lacrime silenziose ingoiate per non fare rumore. Notte di pensieri trascinati stancamente fino al mattino. Notte di sogni fatti ad occhi aperti, quando ti dici che certe cose non possono essere vere, eppure è così. Notte in cui vedi le stelle e un pezzo di luna dalla tua finestra e ti chiedi cosa ci stai a fare in quel letto. Quando non si è capiti eppure è tutto così chiaro e limpido e ti assalgono i dubbi perchè ma-forse-chissà sbaglio io o ma-forse-chissà sono io quello sbagliato. Perchè io sono difficile, imprevedibile, testardo e anche stronzo se mi ci metto. E allora va bene facciamo che è così. Notte in cui ogni tanto butti un occhio alla sveglia per vedere se superi te stesso, però la stanchezza c'è. Allora perchè non dormo e son qui a pensare? Perchè ho gli occhi più gonfi che abbia mai visto? Magari un caffè mi aiuta a tirare su le tende che ho sugli occhi. E' quasi giorno o quasi non-notte (dipende dai punti di vista) ed in quel momento con la caffettiera in mano mi sento più solo che mai. 
Cosa mi resta di tutto quello che avevo? Una manciata di rabbia e un po' di delusione, quella vera, quella che arriva dopo che scopri che forse non c'è mai stato niente di vero. Allora non ti fidi più, perchè non è giusto, perchè non credo di meritarmi certe cose, anche se sono stronzo. Però non è proprio così, so di non essere stronzo, mi piacerebbe raccontarmi come uno di quei romanzi dove capisci sempre tutto, dove tutto è bello e chiaro.
E' proprio vero che la vita ondeggia come una piuma, ora me ne accorgo ancor di più, forse perchè ho la nausea. Non valgono nemmeno più le promesse in cui si dice che non ci si farà male, non ci credo più, forse è inevitabile. Così restano solo le lacrime che cadono sul mio pigiama nuovo e scivolano nel mio caffè, così magari vomito anche un po'.

martedì 11 aprile 2006

Replay -Samuele Bersani-



Dentro al replay
tra miliardi di altri ci sei
e non hai scia
luminosa d'auto anche di periferia
come i sogni che farai
o prenderai a noleggio
quando ti addormenterai
con le scarpe sul letto
Dentro al replay
con la testa girata un po' in sù
come da fotografia
ci sei anche tu prima di andare via
se rimango ancora qui
è come se morissi
e guardandomi allo specchio
ad un tratto sparissi
Cadono le stelle
e sono cieco
e dove cadono non so
cercherò,proverò, davvero
ad avere sempre su di me il profumo delle mani
riuscire a fare sogni tridimensionali
non chiedere mai niente al mondo solo te
come una cosa che non c'è
cercando dappertutto e anche in me
ti vedo
dentro al replay
per un attimo c'ero e anche lei
ma in quel momento
qualcosa ho cancellato
si è fermato il tempo
la sua regolarità
è come se morissi
è sparita anche la luna
è cominciata l'eclissi
Cadono le stelle
allora è vero
e io non so se ci sarò
dove andrò, non lo so, se lo merito o no
se correggerò gli effetti, i miei guasti nucleari
se troverò il coraggio ti telefono domani
e più sarò lontano e più sarò da te
dimenticato e muto
come uno che non c'è
tornerò, tornerò, davvero
a sentire su di me il profumo delle mani
di notte io farò sogni tridimensionali
senza chiedere mai niente al mondo e neanche a te
senza chiedermi perchè
ti vedo dappertutto e anche in me
ti vedo
                                                                                                  (Samuele Bersani)

mercoledì 5 aprile 2006

Il metro



Non volevo arrivare a casa troppo presto. Volevo godermi un po' di tempo per me. Erano le sette di sera e la stazione della metropolitana era semivuota. Avevo lasciato andare il primo metro che era passato da quando ero seduta sulla  panchina della stazione, tutti salirono sul treno. Qualche pezzetto di carta correva sulla banchina trascinato dalle forze rimaste all'aria per il passaggio del treno. Decisi di aspettare il treno successivo. Non so perchè, ma mi aveva preso così. Negli ultimi giorni avevo lavorato fino a tardi e mi sembrava di non essere uscita mai dall'ufficio. Le scadenze incombevano e mi ero vista costretta a lunghe giornate lavorative. 
Mi piaceva tornare a casa in metro e a quell'ora poi trovavo i vagoni semivuoti. Mi piaceva osservare chi viaggiava con me e cercare di capire da dove veniva, dove andava, cosa faceva nella vita, se era felice oppure no.
Chissà cosa avranno pensato i miei ex compagni di attesa non vedendomi salire sul treno. Anche sulla banchina opposta la situazione era simile. Nessuno che aspettava. Iniziai a leggere i cartelli pubblicitari che offrivano biglietti aerei per tutte le capitali europee a pochi euro. Pensai che forse avrei potuto fare un salto a Londra, potevo permettermelo dopo tutto quel lavorare. Il mio capo non avrebbe potuto dirmi no, avevo un sacco di ferie in arretrato da recuperare.
Il silenzio fu interrotto da passi che arrivarono dalle scale della banchina opposta. Era un uomo della mia età, intorno ai trent'anni, in giacca e cravatta. Trascinava una ventiquattrore stancamente, quasi che non vedesse l'ora che quella giornata finisse. Sembrava trascinasse con sè tutti i problemi di quella giornata lavorativa ormai finita. Camminava lentamente, forse pensava che non valeva la pena correre visto che la stazione era vuota e non si sentiva il rumore del treno che arrivava. Si guardò intorno, poi mi vide e mi fissò. Mi mise a disagio, aveva gli occhi chiari, grandi e bellissimi. La barba incolta gli dava una spruzzata di fascino. Rimase in piedi con la valigetta appesa alla mano destra. Distolsi lo sguardo, ma sapevo che continuava a fissarmi anche se fingevo di leggere le vantaggiose offerte di una assicurazione su un cartello pubblicitario. Probabilmente si era reso conto del mio disagio perchè quando tornai a guardarlo stava guardando per terra, forse era assorto in pensieri simili ai miei di poco fa: tanto lavoro, voglia di una vacanza. Forse lo aspettava a casa una moglie e una bellissima bambina con enormi occhi azzurri. Forse viveva da solo e stava pensando come passare la serata per non sentirsi troppo solo e vuoto. Forse sarebbe andato a casa, si sarebbe cambiato e sarebbe andato in giro per la città cercando una puttana nel quale ubriacare la sua voglia.
Mi piaceva il suo sguardo fisso, imbambolato, stanco e stropicciato. Mi venne in mente che quella sera mia mamma sarebbe passata a portarmi un po' di torta di mele, quella che sa piacermi tanto. Ogni tanto faceva queste incursioni, forse voleva controllare che la mia vita da single procedesse bene. Risollevai lo sguardo che nel frattempo si era concentrato sulla linea gialla della banchina. Era lì che mi guardava e mi fissava, mi sorrise. Gli sorrisi. Poi scomparve dietro i due treni che arrivarono in contemporanea in stazione. Salii sul mio treno e guardai nel vagone del treno che andava nella direzione opposta, trovai il suo viso appiccicato al vetro accanto al mio che mi sorrideva. Iniziò a darmi il suo numero di telefono usando le dita e muovendo le labbra come fanno i sordomuti. Tre, tre, tre, sette, nove, cinque, sei...le porte si chiusero..otto...i treni iniziarono a muoversi...nove...e l'ultimo numero? non lo avevo capito...scrissi subito il numero fin dove ricordavo...e l'ultima cifra? Ebbi un attimo di lucidità, stavo prendendo nota del numero di uno sconosciuto! Ma subito questo pensiero fu cancellato dalla soluzione: avrei provato a chiamarlo cambiando di volta in volta l'ultima cifra, al massimo avrei fatto dieci numeri, ma alla fine lo avrei trovato. E cosa gli avrei detto? "Sai son quella a cui hai dato il numero in metropolitana!" Sì, quella che ti ha sorriso, ma non sa perchè l'ha fatto, quella che stava per seguire una cosa senza senso. Dei pezzetti di carta che portavano con sè un numero di ritrovarono a spargersi in quel tunnel vuoto e rumoroso.

sabato 1 aprile 2006

la cometa yakutaki

ho detto alla cometa yakutaky che il nostro amore è grande come l'universo e di non preoccuparsi quando è in giro ovunque lei sarà non andrà perso l'amore mio per te è luce pura che illumina di raggi le atmosfere un turbinio di stelle e di comete di attimi di secoli e di ere

Stanotte sono salito nella piazza del paesino più alto della zona, mi sono sdraiato lungo il muretto e ho guardato la cometa yakutaky che passava in mezzo al cielo e il cuore mi si è strettp e ho sentito un groppone in gola e tanti confusissimi contrastantissimi pensieri hanno affollato la mia mente che nuotava in questo mare di pensieri senza sapere dove andare. Ma che gioia però, tutto ciò, tutte queste emozioni.
La sensazione di sentirsi piccolo e primitivo a guardare questa pallina di luce che transita facendo slalom tra le lucine familiari che incorniciano i nostri desideri di ferragosto. Piccolo e infinitamente imbambolato, perso, perso ancora di più di fronte a quella manciatina di conoscienze che ci fanno un po' gradassi nei confronti del creato. Vabbe' che noi lo sappiamo che la cometa è una palla che sfreccia e che non va da nessun gesù bambino e che non porta nè sfiga nè fortuna e che il suo passaggio risponde a precise leggi fisiche. Vabbe' che ci sembra di aver imprigionato tutto il cosmo nelle nostre teorie. Io non so come si sentisse yakutaky stanotte, ma io mi sono sentito pieno di universo dentro. Piccolo come il più piccolo neutrino del cosmo e grande come il cosmo stesso. Mi gira la testa madonna mia, questa è adrenalina pura! Sono tornato a casa dopo aver visto passare una cometa sopra la mia testa! Le stelle, l'infinito, l'eternità, mia madre, mio padre, i miei fratelli, la mia ragazza, i miei amici, i sorrisi, le montagne, l'africa, il sole, il polo nord, il polo sud, mia nonna, il mio paese, il mio lavoro, la palestina, il deserto, la bicicletta, il sudore, un disegno, una canzone, un'armonia, i cani, le carezze, il magone, il freddo, il caldo, il sonno, gli spaghetti, l'acqua, un incontro, i viaggi, i chilometri, le elezioni, i libri le poesie, dio, oggi, domani, ieri, tra diecimila anni ci vediamo da qualche parte a vedere di nuovo questa cometa che passa.
Ho avuto la sensazione di averla già vista questa cometa. Saranno stati circa qualche migliaio di anni fa, non ricordo se ero sulla soglia di una caverna o in qualche altro posto. Il posto mi dispiace ma non me lo ricordo, però mi ricordo perfettamente come mi sentivo, ho guardato su nel cielo e in mezzo alle lucine che più o meno mi capitava di vedere tutte le notti ho visto questa nuvoletta bianca strana che si faceva largo. Ho cominciato a fissarla per capire cos'era, e vedevo che non andava via, non era un'illusione, era proprio una luce nuova. Sono stato lì tutta la notte, ho svegliato altra gente e insieme abbiamo aspettato che la luce del giorno spegnesse questa novità. La notte dopo non c'era più. Ogni tanto guardando il cielo in questi millenni mi è tornata in mente e questo pensiero mi confortava. Provavo piacere a sapere che è tutto in movimento, che si va e si viene, ognuno seguendo un ritmo molto personale. Stanotte, nel riguardarla passare sopra di me digitanto queste parole sconnesse sulla tastiera del mio computer portatile, penso che un giorno la rivedrò ancora e mi perderò di nuovo in un laghetto infinito di sensazioni e nella mia gola arriverà a farsi sentire di nuovo questo nodo che stringe e non mi fa andare avanti a scrivere ma mi spinge a sdraiarmi su un divano con gli occhi chiusi pensando le cose più infinite che mi vengono in mente...

A C.

(Tratto da Il grande boh! di Jovanotti)