Non volevo arrivare a casa troppo presto. Volevo godermi un po' di tempo per me. Erano le sette di sera e la stazione della metropolitana era semivuota. Avevo lasciato andare il primo metro che era passato da quando ero seduta sulla panchina della stazione, tutti salirono sul treno. Qualche pezzetto di carta correva sulla banchina trascinato dalle forze rimaste all'aria per il passaggio del treno. Decisi di aspettare il treno successivo. Non so perchè, ma mi aveva preso così. Negli ultimi giorni avevo lavorato fino a tardi e mi sembrava di non essere uscita mai dall'ufficio. Le scadenze incombevano e mi ero vista costretta a lunghe giornate lavorative.
Mi piaceva tornare a casa in metro e a quell'ora poi trovavo i vagoni semivuoti. Mi piaceva osservare chi viaggiava con me e cercare di capire da dove veniva, dove andava, cosa faceva nella vita, se era felice oppure no.
Chissà cosa avranno pensato i miei ex compagni di attesa non vedendomi salire sul treno. Anche sulla banchina opposta la situazione era simile. Nessuno che aspettava. Iniziai a leggere i cartelli pubblicitari che offrivano biglietti aerei per tutte le capitali europee a pochi euro. Pensai che forse avrei potuto fare un salto a Londra, potevo permettermelo dopo tutto quel lavorare. Il mio capo non avrebbe potuto dirmi no, avevo un sacco di ferie in arretrato da recuperare.
Il silenzio fu interrotto da passi che arrivarono dalle scale della banchina opposta. Era un uomo della mia età, intorno ai trent'anni, in giacca e cravatta. Trascinava una ventiquattrore stancamente, quasi che non vedesse l'ora che quella giornata finisse. Sembrava trascinasse con sè tutti i problemi di quella giornata lavorativa ormai finita. Camminava lentamente, forse pensava che non valeva la pena correre visto che la stazione era vuota e non si sentiva il rumore del treno che arrivava. Si guardò intorno, poi mi vide e mi fissò. Mi mise a disagio, aveva gli occhi chiari, grandi e bellissimi. La barba incolta gli dava una spruzzata di fascino. Rimase in piedi con la valigetta appesa alla mano destra. Distolsi lo sguardo, ma sapevo che continuava a fissarmi anche se fingevo di leggere le vantaggiose offerte di una assicurazione su un cartello pubblicitario. Probabilmente si era reso conto del mio disagio perchè quando tornai a guardarlo stava guardando per terra, forse era assorto in pensieri simili ai miei di poco fa: tanto lavoro, voglia di una vacanza. Forse lo aspettava a casa una moglie e una bellissima bambina con enormi occhi azzurri. Forse viveva da solo e stava pensando come passare la serata per non sentirsi troppo solo e vuoto. Forse sarebbe andato a casa, si sarebbe cambiato e sarebbe andato in giro per la città cercando una puttana nel quale ubriacare la sua voglia.
Mi piaceva il suo sguardo fisso, imbambolato, stanco e stropicciato. Mi venne in mente che quella sera mia mamma sarebbe passata a portarmi un po' di torta di mele, quella che sa piacermi tanto. Ogni tanto faceva queste incursioni, forse voleva controllare che la mia vita da single procedesse bene. Risollevai lo sguardo che nel frattempo si era concentrato sulla linea gialla della banchina. Era lì che mi guardava e mi fissava, mi sorrise. Gli sorrisi. Poi scomparve dietro i due treni che arrivarono in contemporanea in stazione. Salii sul mio treno e guardai nel vagone del treno che andava nella direzione opposta, trovai il suo viso appiccicato al vetro accanto al mio che mi sorrideva. Iniziò a darmi il suo numero di telefono usando le dita e muovendo le labbra come fanno i sordomuti. Tre, tre, tre, sette, nove, cinque, sei...le porte si chiusero..otto...i treni iniziarono a muoversi...nove...e l'ultimo numero? non lo avevo capito...scrissi subito il numero fin dove ricordavo...e l'ultima cifra? Ebbi un attimo di lucidità, stavo prendendo nota del numero di uno sconosciuto! Ma subito questo pensiero fu cancellato dalla soluzione: avrei provato a chiamarlo cambiando di volta in volta l'ultima cifra, al massimo avrei fatto dieci numeri, ma alla fine lo avrei trovato. E cosa gli avrei detto? "Sai son quella a cui hai dato il numero in metropolitana!" Sì, quella che ti ha sorriso, ma non sa perchè l'ha fatto, quella che stava per seguire una cosa senza senso. Dei pezzetti di carta che portavano con sè un numero di ritrovarono a spargersi in quel tunnel vuoto e rumoroso.

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